Nairobi, 08 apr. – Il panel conclusivo della prima giornata della conferenza Inaet a Nairobi ha avuto il merito di spostare l’attenzione dalla tecnologia alla giustizia, ridefinendo il senso stesso di “transizione energetica” nel contesto africano. Intitolato “Not just a transition, a just transition: energy, agriculture and water”, l’incontro ha offerto una riflessione a tutto tondo sulle interconnessioni tra sviluppo, equità, resilienza climatica e diritti fondamentali, guidato da due voci autorevoli: Romy Chevallier (Research Lead on Climate and Environment del South African Institute of International Affairs, Saiia), che ha introdotto i lavori, e Hamisi Williams, assistant representative della Fao in Kenya, protagonista del keynote speech.
Romy Chevallier ha aperto i lavori con un messaggio strutturale: in Africa, la transizione non può essere solo energetica. Deve essere soprattutto sociale, economica e ambientale. Un cambiamento, ha spiegato, che riguarda le persone, le comunità escluse, gli ecosistemi e la capacità dei Paesi di affrontare crisi come l’insicurezza alimentare o idrica. Una transizione, quindi, che deve nascere da approcci olistici e intersettoriali, capaci di tenere insieme energia, agricoltura, acqua, salute, commercio e clima.
“Non possiamo accettare che la corsa ai minerali critici per il green tech riproduca logiche estrattive passate”, ha detto Chevallier. “Serve una governance che protegga le risorse naturali, garantisca la partecipazione locale e costruisca opportunità economiche reali”. Il cuore della transizione giusta, ha insistito, è nella costruzione di catene del valore che partano dal basso e che siano rispettose dei territori e delle persone.
Il discorso di apertura di Hamisi Williams ha raccolto e rilanciato questi spunti con la forza di chi parla a nome delle comunità rurali e dei sistemi agricoli africani. “Immaginate un continente in cui ogni casa sia alimentata da energia pulita, in cui nessun bambino debba più studiare alla luce del cherosene. Questa non è utopia: è il futuro dell’Africa, ma deve iniziare adesso”.
Williams ha messo in relazione diretta energia, agricoltura e accesso all’acqua, affermando che la transizione energetica è un passaggio obbligato per garantire sicurezza alimentare e sviluppo rurale. Oggi, ha ricordato, il 70% dell’energia in Africa subsahariana proviene ancora da biomasse tradizionali, con effetti devastanti su salute, ambiente e produttività. Solo il 6% delle terre arabili africane è irrigato, contro il 37% dell’Asia.
“Se vogliamo produrre di più, sprecare di meno e nutrire meglio – ha detto – dobbiamo integrare le energie rinnovabili nei sistemi agricoli: dall’irrigazione alla refrigerazione, fino alla trasformazione post-raccolta”. Il potenziale è immenso, ma la barriera resta l’accesso all’energia moderna per milioni di piccoli agricoltori, che costituiscono il 75% dei coltivatori africani.
L’energia, per Williams, è anche la chiave per affrontare la crisi climatica: irrigazione più efficiente, stoccaggio d’acqua, uso di tecnologie rinnovabili per mitigare l’impatto di siccità e inondazioni. “Il cambiamento climatico è già qui – ha ammonito – e noi potremmo essere l’unica generazione con ancora un po’ di tempo per agire”.
Lo stesso ha poi portato l’esempio concreto di un progetto lanciato in Kenya con Fao, GCcf e governo nazionale: 50 milioni di dollari per promuovere value chain agricole resilienti in 14 contee, con l’obiettivo di coinvolgere 500.000 agricoltori, recuperare 2.800 ettari di terra e abbattere oltre un milione di tonnellate di CO₂ in vent’anni.
Il messaggio finale è stato netto: nessuna transizione sarà giusta senza politiche inclusive e normative adeguate. Williams ha lanciato un appello a costruire quadri regolatori intelligenti, capaci di promuovere accesso all’energia, sostenibilità agricola e gestione dell’acqua, attraverso partenariati tra governi, settore privato, comunità e organizzazioni internazionali.
Ha infine rivendicato l’importanza delle conoscenze locali, spesso trascurate nei processi di transizione. “Non possiamo parlare di giustizia senza includere i saperi delle comunità. Serve un approccio che ascolti, rispetti e coinvolga”.
“La transizione giusta non è un concetto astratto — ha concluso Williams — ma un cammino collettivo. Noi, come Fao, ci siamo. La domanda ora è: voi ci siete?”.
Un invito diretto, che ha chiuso la giornata con una certezza: l’Africa non chiede una transizione qualsiasi, ma una che sia davvero sua, equa e trasformativa. [Agenzia Infomundi – Infocoopera]
© Riproduzione riservata