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Sud Sudan: tagli aiuti Usa, otto morti per colera
Juba, 10 apr. – Otto persone, tra cui cinque bambini, sono morte in Sud Sudan a causa del colera dopo che i tagli agli aiuti statunitensi hanno portato alla chiusura di strutture sanitarie locali lasciando la popolazione senza assistenza. Lo ha reso noto l'organizzazione benefica Save the Children in una nota rilanciata dall'agenzia di stampa Reuters. I decessi, avvenuti il mese scorso, sono tra i primi ad essere attribuiti direttamente ai tagli imposti dall'ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che aveva motivato la sua decisione con la necessità di allineare le sovvenzioni al suo programma "America First".
"Ci dovrebbe essere un'indignazione morale a livello mondiale per il fatto che le decisioni prese da persone potenti in altri Paesi abbiano portato alla morte di bambini nel giro di poche settimane", ha dichiarato Christopher Nyamandi, direttore nazionale di Save the Children in Sud Sudan.
Il Dipartimento di Stato americano ha dichiarato di non avere informazioni sui decessi riportati da Save the Children. Un portavoce ha affermato che molti programmi del governo statunitense che forniscono aiuti salvavita in Sud Sudan sono rimasti attivi, ma che il sostegno ai servizi medici è stato utilizzato anche per arricchire i leader del Paese. "Finché i programmi di emergenza per salvare vite umane continueranno, non chiederemo, in coscienza, ai contribuenti americani di fornire un'assistenza che di fatto sovvenzioni il comportamento irresponsabile e corrotto dei leader politici del Sud Sudan", ha affermato il portavoce.
Save the Children ha supportato 27 strutture sanitarie nello Stato di Jonglei, nel Sudan del Sud orientale, fino all'inizio di quest'anno, quando i tagli degli Stati Uniti hanno costretto sette alla chiusura completa e altre 20 alla chiusura parziale.
Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità, da ottobre sono stati registrati più di 22.000 casi di colera, con centinaia di morti. Oltre un terzo dei circa 12 milioni di abitanti del Sud Sudan sono sfollati a causa di conflitti o calamità naturali, e le Nazioni Unite avvertono che il paese potrebbe essere sull'orlo di una nuova guerra civile. [Agenzia Infomundi – Infocoopera]
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Inaet: Onu, “la transizione sarà giusta solo se anche di genere”
Nairobi, 09 apr. – "Non basta parlare di transizione. Serve parlare di just transition. E una transizione non è giusta se esclude il 51% della popolazione". Con queste parole, Mehjabeen Alarakhia, Women’s Economic Empowerment Policy Specialist e Deputy Regional Director Oic per l’Africa Orientale e Meridionale di UN Women, ha aperto il panel "Empowering Change: What Women Bring to the Table", durante la seconda giornata della conferenza Inaet 2025 a Nairobi.
Il suo intervento ha posto con forza un tema spesso marginalizzato nel dibattito sulla transizione energetica: l’inclusione delle donne non è una variabile accessoria, ma una condizione essenziale di giustizia, efficacia e sviluppo.
Alarakhia ha ricordato che le donne africane sono oggi le principali vittime della povertà energetica, ma anche agenti di cambiamento nei territori. Oltre 300 milioni di donne nel continente non hanno accesso all’elettricità; molte dipendono ancora da combustibili tradizionali per cucinare, con gravi ricadute su salute, ambiente, produttività e tempo libero. "Una donna in alcune zone dell’Africa orientale può impiegare fino a quattro ore al giorno per raccogliere legna. Se investiamo in tecnologie di clean cooking, non solo proteggiamo l’ambiente: liberiamo tempo per l’istruzione, il lavoro, la leadership".
L’energia – ha insistito – non è neutrale rispetto al genere. Le politiche che non lo tengono in conto rischiano di replicare, o addirittura amplificare, le disuguaglianze esistenti.
Il divario di genere nel settore energetico è evidente. Solo il 7% delle startup nel settore energia ha fondatrici donne, nonostante questo sia uno dei comparti che attrae la maggior parte della finanza climatica globale. Nelle aziende del settore rinnovabile in Africa subsahariana, le donne occupano solo il 25% dei ruoli di leadership e guadagnano in media il 20% in meno degli uomini a parità di mansioni.
Alla radice di questi squilibri ci sono barriere sistemiche: difficoltà di accesso al credito, scarsa alfabetizzazione finanziaria, assenza di garanzie patrimoniali, ma anche norme sociali e culturali che scoraggiano le ragazze a intraprendere carriere nelle Stem fin dall’infanzia.
"Parliamo spesso di accesso alla finanza – ha osservato – ma non basta offrire lo stesso strumento a tutti. Le donne affrontano sfide specifiche, che richiedono strumenti specifici e politiche su misura".
Una delle critiche più puntuali avanzate da Alarakhia riguarda il modo in cui la dimensione di genere viene generalmente trattata nelle politiche pubbliche: "Arriva sempre alla fine, come una nota a piè pagina. Dobbiamo iniziare i processi di policy con una lente di genere, non aggiungerla dopo. Se stiamo scrivendo una strategia energetica nazionale o una NDC, la domanda non può essere “come includiamo le donne?”, ma “come questa strategia impatta in modo diverso su uomini e donne?”.
UN Women invita i governi africani e i partner internazionali a fare della gender responsiveness una condizione strutturale della transizione: nei bandi pubblici, nelle riforme regolatorie, nella distribuzione della finanza climatica.
L’inclusione reale, secondo Alarakhia, passa anche dal riconoscimento delle responsabilità non retribuite che gravano sulle donne, come la cura familiare. "Non possiamo organizzare un training su cucina pulita senza pensare a chi si occuperà dei figli di quella donna durante il corso. O forniamo un servizio di assistenza, o falliamo nell’inclusione". È un appello a pensare alla donna nella sua interezza, non solo come destinataria di un progetto, ma come persona inserita in una rete sociale e familiare.
"La transizione energetica in Africa è una delle più grandi opportunità per riparare disuguaglianze storiche e costruire un futuro più equo – ha concluso – ma se non agiamo in modo deliberato, rischiamo di replicare le stesse dinamiche di esclusione di sempre". [Agenzia Infomundi – Infocoopera]
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Inaet: energia, agricoltura e acqua al centro del cambiamento
Nairobi, 08 apr. – Il panel conclusivo della prima giornata della conferenza Inaet a Nairobi ha avuto il merito di spostare l’attenzione dalla tecnologia alla giustizia, ridefinendo il senso stesso di “transizione energetica” nel contesto africano. Intitolato “Not just a transition, a just transition: energy, agriculture and water”, l’incontro ha offerto una riflessione a tutto tondo sulle interconnessioni tra sviluppo, equità, resilienza climatica e diritti fondamentali, guidato da due voci autorevoli: Romy Chevallier (Research Lead on Climate and Environment del South African Institute of International Affairs, Saiia), che ha introdotto i lavori, e Hamisi Williams, assistant representative della Fao in Kenya, protagonista del keynote speech.
Romy Chevallier ha aperto i lavori con un messaggio strutturale: in Africa, la transizione non può essere solo energetica. Deve essere soprattutto sociale, economica e ambientale. Un cambiamento, ha spiegato, che riguarda le persone, le comunità escluse, gli ecosistemi e la capacità dei Paesi di affrontare crisi come l’insicurezza alimentare o idrica. Una transizione, quindi, che deve nascere da approcci olistici e intersettoriali, capaci di tenere insieme energia, agricoltura, acqua, salute, commercio e clima.
"Non possiamo accettare che la corsa ai minerali critici per il green tech riproduca logiche estrattive passate", ha detto Chevallier. "Serve una governance che protegga le risorse naturali, garantisca la partecipazione locale e costruisca opportunità economiche reali". Il cuore della transizione giusta, ha insistito, è nella costruzione di catene del valore che partano dal basso e che siano rispettose dei territori e delle persone.
Il discorso di apertura di Hamisi Williams ha raccolto e rilanciato questi spunti con la forza di chi parla a nome delle comunità rurali e dei sistemi agricoli africani. "Immaginate un continente in cui ogni casa sia alimentata da energia pulita, in cui nessun bambino debba più studiare alla luce del cherosene. Questa non è utopia: è il futuro dell’Africa, ma deve iniziare adesso".
Williams ha messo in relazione diretta energia, agricoltura e accesso all’acqua, affermando che la transizione energetica è un passaggio obbligato per garantire sicurezza alimentare e sviluppo rurale. Oggi, ha ricordato, il 70% dell’energia in Africa subsahariana proviene ancora da biomasse tradizionali, con effetti devastanti su salute, ambiente e produttività. Solo il 6% delle terre arabili africane è irrigato, contro il 37% dell’Asia.
"Se vogliamo produrre di più, sprecare di meno e nutrire meglio – ha detto – dobbiamo integrare le energie rinnovabili nei sistemi agricoli: dall’irrigazione alla refrigerazione, fino alla trasformazione post-raccolta". Il potenziale è immenso, ma la barriera resta l’accesso all’energia moderna per milioni di piccoli agricoltori, che costituiscono il 75% dei coltivatori africani.
L’energia, per Williams, è anche la chiave per affrontare la crisi climatica: irrigazione più efficiente, stoccaggio d’acqua, uso di tecnologie rinnovabili per mitigare l’impatto di siccità e inondazioni. "Il cambiamento climatico è già qui – ha ammonito – e noi potremmo essere l’unica generazione con ancora un po’ di tempo per agire".
Lo stesso ha poi portato l’esempio concreto di un progetto lanciato in Kenya con Fao, GCcf e governo nazionale: 50 milioni di dollari per promuovere value chain agricole resilienti in 14 contee, con l’obiettivo di coinvolgere 500.000 agricoltori, recuperare 2.800 ettari di terra e abbattere oltre un milione di tonnellate di CO₂ in vent’anni.
Il messaggio finale è stato netto: nessuna transizione sarà giusta senza politiche inclusive e normative adeguate. Williams ha lanciato un appello a costruire quadri regolatori intelligenti, capaci di promuovere accesso all’energia, sostenibilità agricola e gestione dell’acqua, attraverso partenariati tra governi, settore privato, comunità e organizzazioni internazionali.
Ha infine rivendicato l’importanza delle conoscenze locali, spesso trascurate nei processi di transizione. "Non possiamo parlare di giustizia senza includere i saperi delle comunità. Serve un approccio che ascolti, rispetti e coinvolga".
"La transizione giusta non è un concetto astratto — ha concluso Williams — ma un cammino collettivo. Noi, come Fao, ci siamo. La domanda ora è: voi ci siete?".
Un invito diretto, che ha chiuso la giornata con una certezza: l’Africa non chiede una transizione qualsiasi, ma una che sia davvero sua, equa e trasformativa. [Agenzia Infomundi – Infocoopera]
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Namibia: la presidente investe sulla salute materno infantile
Windhoek, 08 apr. – La Namibia avvierà a luglio un programma nazionale di vaccinazione contro il papillomavirus umano (Hpv) destinato alle ragazze tra i 9 e i 14 anni, con l’obiettivo di ridurre l’incidenza del cancro alla cervice uterina, una delle principali cause di mortalità femminile nel Paese. Lo ha annunciato ieri la presidente Netumbo Nandi-Ndaitwah, ribadendo l’impegno del governo per la salute a lungo termine delle donne e per investimenti efficaci in ambito materno-infantile.
“Ci impegniamo a promuovere la salute delle donne e dei neonati attraverso interventi mirati e a lungo termine”, ha dichiarato Nandi-Ndaitwah, sottolineando che il piano vaccinale si inserisce in una più ampia strategia per rafforzare l’assistenza sanitaria materna e infantile. Negli ultimi anni la Namibia ha compiuto progressi in questo settore, promuovendo l’allattamento esclusivo e avviando l’iniziativa degli “ospedali amici del bambino”, ha ricordato la presidente.
Tra gli obiettivi della nuova amministrazione nei prossimi cinque anni vi sono l’estensione della copertura sanitaria pubblica, il potenziamento della prevenzione, il miglioramento della qualità dei servizi ospedalieri e l’adozione di una legge per garantire l’accesso universale alla sanità. Il governo prevede inoltre di rafforzare la presenza di medici specialisti nei distretti sanitari, per colmare le lacune nei servizi e migliorare l’assistenza nei territori più remoti.
Sul fronte della malaria, che resta un problema in dieci regioni del Paese, saranno mantenute le principali misure di prevenzione: irrorazione domestica con insetticidi, distribuzione di zanzariere trattate e campagne di sensibilizzazione pubblica.
Infine, la conferma a marzo di un caso di colera – il primo da oltre un decennio – ha spinto l’esecutivo a riaffermare la necessità di rafforzare l’accesso all’acqua potabile, ai servizi igienico-sanitari e all’educazione alla salute pubblica con un approccio multisettoriale. [Agenzia Infomundi – Infocoopera]
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Sudafrica: obiettivo più spazio a bambini in politiche pubbliche
Johannesburg, 08 apr. – Al termine del Africa Children’s Summit, durato tre giorni e conclusosi ieri a Johannesburg, il Sudafrica ha annunciato l’intenzione di utilizzare la sua futura presidenza del G20 per promuovere a livello globale il coinvolgimento attivo dei bambini nei processi decisionali su questioni che riguardano i loro diritti e il loro futuro. Lo ha dichiarato il vice ministro dello Sviluppo sociale, Ganief Hendricks, sottolineando che la partecipazione dei bambini è essenziale per la definizione di politiche efficaci e inclusive.
Hendricks, ripreso dai media locali, ha richiamato l’importanza di includere le voci dei minori nei principali quadri globali, come gli Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite e l’Agenda 2063 dell’Unione Africana. “Occorre fare di più per garantire che entro il 2040 le opinioni dei bambini siano ascoltate e integrate nei processi legislativi e di elaborazione delle politiche che li riguardano direttamente”, ha affermato, auspicando un loro coinvolgimento anche nel monitoraggio dell’attuazione di tali politiche.
L'Africa Children’s Summit 2025, evento a guida infantile promosso dal governo sudafricano, ha riunito a Johannesburg delegazioni di giovani da 13 Paesi africani, con ulteriori partecipazioni virtuali, per discutere temi legati ai diritti e al benessere dell’infanzia nel continente.
Nel suo intervento, Hendricks ha riconosciuto che, sebbene alcuni Stati abbiano compiuto passi avanti per coinvolgere i bambini nei processi decisionali, molto resta ancora da fare per garantire una partecipazione reale e strutturata. [Agenzia Infomundi – Infocoopera]
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Benin: autismo, insieme le famiglie sono più forti
Cotonou, 08 apr. – Il Benin prosegue il suo impegno a favore dell'inclusione sociale e della protezione delle persone con disabilità, in particolare dei bambini autistici, e lancia nuove iniziative proprio in questo senso. In occasione della Giornata mondiale per la consapevolezza sull'autismo, il 2 aprile scorso, il ministero degli Affari sociali e della microfinanza beninese ha organizzato un workshop, a Cotonou, dedicato alla capitalizzazione a medio termine del progetto pilota, una giornata che ha permesso di fare il punto sulle azioni realizzate dall'inizio del progetto e di definire gli orientamenti futuri per raggiungerne gli obiettivi.
L'evento ha riunito i beneficiari, la Federazione delle associazioni delle persone disabili del Benin, le parti interessate coinvolte nel progetto e diverse organizzazioni non governative. Nel corso dei dibattiti, la vicepresidente dell'Associazione dei genitori di bambini autistici ha espresso la sua gratitudine al governo beninese per l'iniziativa e il finanziamento completo del progetto: dalle testimonianze raccolte al termine del workshop è emersa una generale soddisfazione per le politiche di inclusione beninesi, e diversi genitori che hanno condiviso con emozione i progressi ottenuti dai loro figli grazie a questa iniziativa.
Il ministero beninese, durante l'evento, ha sottolineato il miglioramento dell'accesso all'assistenza medica e alle consulenze, il supporto personalizzato ai bambini nel loro percorso scolastico e familiare e l'organizzazione di momenti di scambio tra genitori, insegnanti e professionisti dell'autismo, momenti di condivisione importanti per le famiglie di persone con disabilità.
Da diversi anni il Benin ha adottato una politica attiva volta a ridurre le disuguaglianze e a promuovere l'inclusione delle persone con disabilità: questa si è concretizzata con una legge ad hoc a protezione e alla promozione dei diritti delle persone con disabilità e con l'adozione di decreti e ordinanze che facilitano l'applicazione di tale legislazione. È stata inoltre annunciata la graduale istituzione di una rete di scambio di informazioni per rafforzare la comunicazione tra i genitori di bambini autistici e gli altri soggetti interessati. Il progetto pilota per l'assistenza integrata ai bambini autistici, lanciato a Cotonou e Abomey-Calavi, si basa su cinque assi strategici e mira a mobilitare una sinergia degli operatori attorno al bambino, rivolgendosi a professionisti della salute e dell'istruzione, famiglie e comunità. [Agenzia Infomundi – Infocoopera]
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Kenya: tratta di esseri umani, rimpatriati 78 keniani dall'Asia
Nairobi, 07 apr. – Sono 78 i cittadini keniani rimpatriati sabato dalla Birmania, tutte persone che si trovavano fuori dal Paese perché cadute vittime di una rete per la tratta di esseri umani. Lo riportano i media keniani, che citano Roseline Njogu, segretaria principale del Dipartimento per gli affari della diaspora, che in una dichiarazione ufficiale ha invitato le persone a stare attente, mettendole in guardia dalle “offerte di lavoro fraudolente” utilizzate come copertura dalle reti di trafficanti.
“Oggi è un bel giorno, abbiamo rimpatriato 78 vittime della tratta di esseri umani dal Myanmar", ha scritto Njogu sui suoi canali social. I keniani rimpatriati, perlopiù al di sotto dei 25 anni, erano diventate vittime della tratta di esseri umani dopo essere stati adescati proprio da false offerte di lavoro, nello specifico in Thailandia. In tal senso, Njogu ha lanciato un chiaro avvertimento: "Ricordate: non ci sono lavori per i keniani in Thailandia. Se qualcuno ti recluta per la Thailandia, segnalalo immediatamente. È un trafficante di esseri umani”.
Negli ultimi anni, molti cittadini keniani sono stati adescati con promesse di lavoro nel Sud-Est asiatico, in Paesi come Thailandia, Malesia e Cambogia. Promesse che si sono rivelate fraudolente e queste persone sono finite ad essere pesantemente sfruttate, in particolare come lavoratori per centri di truffe online collegati alla criminalità organizzata. [Agenzia Infomundi – Infocoopera]
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Nigeria: sicurezza alimentare e istruzione, fondi per 3 progetti
Abuja, 03 apr. – La Banca mondiale ha approvato tre operazioni in Nigeria, per un totale di 1,08 miliardi di dollari in finanziamenti agevolati, per migliorare la qualità dell'istruzione, contribuire alla resilienza delle famiglie e delle comunità e per migliorare la sicurezza alimentare dei gruppi svantaggiati. Più in particolare - riferisce la stessa istituzione - ci saranno 500 milioni di dollari di finanziamenti aggiuntivi per il programma “Nigeria: Community Action for Resilience and Economic Stimulus (Ng-Cares)”, 80 milioni di dollari per “Accelerating Nutrition Results in Nigeria” (Anrin 2.0) e 500 milioni di dollari per “Hope for Quality Basic Education for All” (Hope-Edu).
Il programma Ng-Cares sostiene il governo nigeriano nell’espansione dell’accesso al sostentamento, ai servizi di sicurezza alimentare e alle sovvenzioni per le famiglie e le comunità povere e vulnerabili. Il finanziamento per Anrin mira ad aumentare l’utilizzo di servizi nutrizionali di qualità ed economici per le donne incinte e le madri che allattano, le ragazze adolescenti e i bambini sotto i cinque anni in aree selezionate. Il nuovo finanziamento per Hope-Edu si concentrerà sul miglioramento dell’apprendimento di base, sull'accesso all'istruzione di base e sul rafforzamento dei sistemi educativi negli Stati partecipanti.
Progettato inizialmente per rispondere alla pandemia di Covid-19, l'operazione Ng-Cares ha raggiunto oltre 15 milioni di beneficiari diretti e si è evoluta in una piattaforma di risposta agli shock che fornisce interventi multisettoriali per i poveri e le persone vulnerabili.
Anrin 2.0 offre un approccio multisettoriale basato su dati concreti per combattere la malnutrizione e l'insicurezza alimentare, concentrandosi sulla salute materna e infantile, sui servizi nutrizionali integrati e sulla sicurezza alimentare delle famiglie.
Hope-Edu fa parte di una serie di tre operazioni correlate, insieme a Hope-Governance e Hope-Primary Health Care. È in linea con gli obiettivi e le strategie del programma di istruzione di base universale del paese. Il programma dovrebbe andare a diretto beneficio di 29 milioni di bambini iscritti alle scuole elementari pubbliche, 500.000 insegnanti delle scuole elementari pubbliche e più di 65.000 scuole elementari pubbliche e dei loro comitati di gestione scolastica.
“Investire nel capitale umano è fondamentale per la Nigeria, poiché offre la migliore opportunità per sbloccare l'enorme potenziale del Paese” ha detto Ndiamé Diop, direttore nazionale della Banca Mondiale per la Nigeria. “Questa nuova serie di programmi - ha aggiunto - aiuterà la Nigeria ad accelerare la qualità dell'istruzione e il sostegno ai cittadini vulnerabili”. [Agenzia Infomundi – Infocoopera]
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Giordania: cooperazione, Ue approva pacchetto da 500 milioni
Amman, 02 apr. – La Giordania ha accolto con favore l'approvazione da parte del Parlamento europeo, ieri, di un pacchetto di Assistenza macro-finanziaria (Mfa) da 500 milioni di euro per il Paese.
Sufian Qudah, portavoce del ministero degli Esteri, ha rilasciato una dichiarazione ripresa ieri dall'agenzia di stampa cinese Xinhua, secondo cui il Parlamento europeo ha approvato il pacchetto di aiuti con 571 voti a favore. Ha inoltre sottolineato che la Commissione europea proporrà presto un ulteriore pacchetto da 500 milioni di euro per la Giordania.
Qudah ha espresso l'apprezzamento della Giordania per il sostegno dell'Unione Europea, sottolineando che ciò rafforza il partenariato strategico tra le due parti e riconosce il ruolo della Giordania nella promozione della pace e della stabilità nella regione, secondo una dichiarazione del ministero.
A gennaio, la Giordania e l'Unione Europea hanno firmato l'Accordo di Partenariato Strategico Globale, in base al quale la Giordania riceverà un pacchetto di aiuti finanziari per un totale di circa 3 miliardi di euro per il periodo 2025-2027. [Agenzia Infomundi – Infocoopera]
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Africa: Rusconi (Aics), impegnati in regione Sahel e del Corno
Roma, 31 mar. – Le iniziative della cooperazione italiana in Africa "promuovono il rafforzamento delle autorità e della società civile locali, la creazione di reddito e la sostenibilità a medio-lungo termine, con particolare attenzione alle donne, ai giovani, agli sfollati interni e alle comunità ospitanti, in un’ottica di prevenzione e mitigazione di nuovi conflitti e dispute".
Lo ha detto il direttore dell'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics), Marco Riccardo Rusconi, intervenendo durante l'ultima edizione della manifestazione "Dialoghi sull'Africa", che si è conclusa ieri a Milano. In una nota diffusa per divulgare il suo intervento, l'agenzia ha fornito dettagli su alcune azioni italiane nelle regioni africane considerate strategiche.
Nel Sahel, Aics sta mettendo in atto, tra gli altri, il progetto Idees Jeunes, "che offre supporto tecnico e finanziario per la creazione di microimprese e l’introduzione di unità di trasformazione agroalimentare", focalizzato "sull’inclusività". Un altro progetto considerato significativo in Niger è "l'Iniziativa Agroecologica, che migliora la sicurezza alimentare e i redditi delle comunità nelle regioni di Tahoua e Agadez, promuovendo tecniche sostenibili che rispondono alle sfide climatiche e supportano la filiera delle pelli e del cuoio, con benefici diretti per donne e giovani".
In Burkina Faso, l’iniziativa Sustlives, finanziata dall’Ue, e implementata in collaborazione con il Ciheam di Bari, "promuove la sostenibilità agricola e la resilienza nelle zone rurali, favorendo la biodiversità e creando opportunità economiche per le donne e i giovani". Nelle aree periurbane di Ouagadougou, il progetto Cravo sostiene, secondo i suoi promotori, "sistemi agroalimentari sostenibili, migliorando la gestione delle risorse naturali e contribuendo alla sicurezza alimentare".
Anche nel Corno d’Africa, la Cooperazione italiana è presente con progetti che spaziano dalla nutrizione alla promozione dell’imprenditoria femminile.
In Sudan, il progetto “Nutri-Sud” si concentra sulla sicurezza nutrizionale, mirando a ridurre la malnutrizione infantile e materna. Il programma, che include trasferimenti alimentari e attività educative, coinvolge attivamente la società civile locale per cambiare i comportamenti alimentari e migliorare la dieta delle donne in gravidanza e dei bambini sotto i cinque anni.
In Etiopia, l’iniziativa Women Entrepeunership Development Program "ha avuto un impatto significativo, creando la prima linea di credito in Africa dedicata alle donne imprenditrici. Il programma ha formato oltre 43.710 donne nella gestione d’impresa e ha offerto prestiti a più di 29.800 imprenditrici. Inoltre, attraverso il progetto Creative Hub di Addis Abeba, sta promuovendo l’imprenditorialità giovanile".
In Sud Sudan, infine, l'iniziativa denominata Rafforzamento della risposta umanitaria in Sud Sudan mira a ridurre la morbilità e mortalità, garantendo accesso a servizi sanitari equi e inclusivi, con particolare attenzione a donne, bambini e persone vulnerabili, in uno sforzo per la stabilizzazione del Paese. [Agenzia Infomundi – Infocoopera]
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