La transizione ecologica non può che essere globale e quanto avviene in questo senso nei Paesi in via di sviluppo riguarda inevitabilmente tutti noi. Su questo tema si sono concentrati i protagonisti della seconda giornata di Codeway – Cooperation Development Expo, la prima manifestazione fieristica italiana dedicata alla Cooperazione allo Sviluppo Internazionale, organizzata da Fiera Roma con un focus specifico su aziende e realtà profit impegnate nel settore.
Il dibattito si è soffermato su ciò che sta avvenendo nei paesi in via di sviluppo in termini di transizione ecologica e su come questo processo possa essere promosso concretamente. Una esigenza strategica su cui ci si è confrontati partendo dagli esempi concreti di aziende italiane impegnate in questo ambito e in questi Paesi. Ma anche tenendo conto di un presupposto: la stretta relazione tra crescita e disponibilità di comunicazione. Ne ha parlato con l’evidenza dei numeri Marzia Minozzi, Responsabile Regolamentazione e Normativa Asstel, che ha portato ad esempio il caso Africa, continente in cui ogni 10% aggiuntivo di copertura radiomobile genera un impatto economico del 2,5% del PIL.
Una proposta concreta è arrivata da Green Utility, società leader nel settore delle energie rinnovabili, da sempre convinta che la sostenibilità sia un asset chiave per le imprese. L’azienda sta lavorando al progetto di dare una nuova vita nei Paesi in via di Sviluppo ai moduli fotovoltaici che hanno circa 8-9 anni di esercizio e sono ancora perfettamente funzionanti, ma non possono essere riutilizzati in Italia. Questo accade perché la prassi italiana prevede che ciascun modulo fotovoltaico abbia un suo codice identificativo che viene associato ad uno solo impianto fotovoltaico incentivato e pertanto un modulo non può essere smontato da un impianto e re-installato in un altro impianto incentivato (principalmente per evitare furti). Questo fa sì che, se in un impianto fotovoltaico italiano si crea la necessità di sostituire circa il 40% dei moduli perché rotti o non performanti, quasi sempre si sostituiscono anche gli altri 60% dei moduli “non problematici” per ragioni di impostazione elettrica dell’impianto. Proprio questo 60% di moduli validi e funzionanti, ma che hanno forti limitazioni per essere re-installati da altre parti in Italia, potrebbero essere messi a disposizione delle ONG per progetti in Africa o in altri Paesi in via di sviluppo.
L’urgenza di puntare su formazione e sviluppo in Africa è stato l’altro tema protagonista della seconda giornata di lavori di Codeway. Le tendenze di crescita demografica del continente africano e il ritmo di crescita economica e di industrializzazione impongono una riflessione approfondita sulla necessità di formare culturalmente e professionalmente milioni di giovani che nei prossimi anni e fino alla fine del secolo si affacceranno sul mondo del lavoro. Sia che questi giovani decidano di restare nei propri paesi di origine, sia che decidano di migrare in cerca di fortuna, la capacità di offrire loro occasioni di formazione è fondamentale. Lo è per i paesi di partenza (impegnati in uno sviluppo industriale che ha bisogno di competenze) e lo è per gli eventuali paesi di arrivo, che, interessati da fenomeni di contrazione demografica potrebbero aver bisogno di persone con delle professionalità definite. Sono intervenuti su questo tema importanti realtà imprenditoriali e associative. In particolare, il Professor Haruna Fnse, Vice presidente esecutivo e Amministratore delegato della Agenzia per le infrastrutture scientifiche e ingegneristiche della Nigeria, che, interloquendo con il Presidente di Confartigianato Marco Granelli e con Filippo Prosperi della De Lorenzo Spa, ha rimarcato la necessità di costruire progetti di formazione per migranti sia in ambito scolastico/universitario, sia con stage nelle imprese italiane con l’obiettivo di avviare imprese e progetti di cooperazione nei Paesi d’origine. A riprova del fatto che anche la formazione è un terreno nel quale profit e no-profit possono collaborare a mutuo beneficio.
Gli appuntamenti pomeridiani hanno avuto come tema centrale il Sahel. Hanno approfondito le complesse dinamiche che caratterizzano quel territorio la Rappresentante speciale dell’Unione europea per il Sahel, Emanuela Del Re, il Presidente della Fondazione Italianieuropei, Massimo D’Alema, e gli autori, autori del libro “Il grande gioco del Sahel”, Marco Aime e Andrea De Georgio, oltre a un approfondimento sulla situazione umanitaria nella regione a cura della Croce Rossa Italiana. In tutti gli interventi è stata sottolineata l’importanza strategica per l’Europa di intervenire in questa area del continente africano. Nell’ambito di interventi di cooperazione allo sviluppo, emerge con forza la necessità di passare dall’ “aiutiamoli a casa loro” al “formiamoli a casa nostra”, costruendo così le condizioni per progetti di cooperazione al rientro nei Paesi di origine.
La transizione ecologica non può che essere globale e quanto avviene in questo senso nei Paesi in via di sviluppo riguarda inevitabilmente tutti noi. Su questo tema si sono concentrati i protagonisti della seconda giornata di Codeway – Cooperation Development Expo, la prima manifestazione fieristica italiana dedicata alla Cooperazione allo Sviluppo Internazionale, organizzata da Fiera Roma con un focus specifico su aziende e realtà profit impegnate nel settore.
Il dibattito si è soffermato su ciò che sta avvenendo nei paesi in via di sviluppo in termini di transizione ecologica e su come questo processo possa essere promosso concretamente. Una esigenza strategica su cui ci si è confrontati partendo dagli esempi concreti di aziende italiane impegnate in questo ambito e in questi Paesi. Ma anche tenendo conto di un presupposto: la stretta relazione tra crescita e disponibilità di comunicazione. Ne ha parlato con l’evidenza dei numeri Marzia Minozzi, Responsabile Regolamentazione e Normativa Asstel, che ha portato ad esempio il caso Africa, continente in cui ogni 10% aggiuntivo di copertura radiomobile genera un impatto economico del 2,5% del PIL.
Una proposta concreta è arrivata da Green Utility, società leader nel settore delle energie rinnovabili, da sempre convinta che la sostenibilità sia un asset chiave per le imprese. L’azienda sta lavorando al progetto di dare una nuova vita nei Paesi in via di Sviluppo ai moduli fotovoltaici che hanno circa 8-9 anni di esercizio e sono ancora perfettamente funzionanti, ma non possono essere riutilizzati in Italia. Questo accade perché la prassi italiana prevede che ciascun modulo fotovoltaico abbia un suo codice identificativo che viene associato ad uno solo impianto fotovoltaico incentivato e pertanto un modulo non può essere smontato da un impianto e re-installato in un altro impianto incentivato (principalmente per evitare furti). Questo fa sì che, se in un impianto fotovoltaico italiano si crea la necessità di sostituire circa il 40% dei moduli perché rotti o non performanti, quasi sempre si sostituiscono anche gli altri 60% dei moduli “non problematici” per ragioni di impostazione elettrica dell’impianto. Proprio questo 60% di moduli validi e funzionanti, ma che hanno forti limitazioni per essere re-installati da altre parti in Italia, potrebbero essere messi a disposizione delle ONG per progetti in Africa o in altri Paesi in via di sviluppo.
L’urgenza di puntare su formazione e sviluppo in Africa è stato l’altro tema protagonista della seconda giornata di lavori di Codeway. Le tendenze di crescita demografica del continente africano e il ritmo di crescita economica e di industrializzazione impongono una riflessione approfondita sulla necessità di formare culturalmente e professionalmente milioni di giovani che nei prossimi anni e fino alla fine del secolo si affacceranno sul mondo del lavoro. Sia che questi giovani decidano di restare nei propri paesi di origine, sia che decidano di migrare in cerca di fortuna, la capacità di offrire loro occasioni di formazione è fondamentale. Lo è per i paesi di partenza (impegnati in uno sviluppo industriale che ha bisogno di competenze) e lo è per gli eventuali paesi di arrivo, che, interessati da fenomeni di contrazione demografica potrebbero aver bisogno di persone con delle professionalità definite. Sono intervenuti su questo tema importanti realtà imprenditoriali e associative. In particolare, il Professor Haruna Fnse, Vice presidente esecutivo e Amministratore delegato della Agenzia per le infrastrutture scientifiche e ingegneristiche della Nigeria, che, interloquendo con il Presidente di Confartigianato Marco Granelli e con Filippo Prosperi della De Lorenzo Spa, ha rimarcato la necessità di costruire progetti di formazione per migranti sia in ambito scolastico/universitario, sia con stage nelle imprese italiane con l’obiettivo di avviare imprese e progetti di cooperazione nei Paesi d’origine. A riprova del fatto che anche la formazione è un terreno nel quale profit e no-profit possono collaborare a mutuo beneficio.
Gli appuntamenti pomeridiani hanno avuto come tema centrale il Sahel. Hanno approfondito le complesse dinamiche che caratterizzano quel territorio la Rappresentante speciale dell’Unione europea per il Sahel, Emanuela Del Re, il Presidente della Fondazione Italianieuropei, Massimo D’Alema, e gli autori, autori del libro “Il grande gioco del Sahel”, Marco Aime e Andrea De Georgio, oltre a un approfondimento sulla situazione umanitaria nella regione a cura della Croce Rossa Italiana. In tutti gli interventi è stata sottolineata l’importanza strategica per l’Europa di intervenire in questa area del continente africano. Nell’ambito di interventi di cooperazione allo sviluppo, emerge con forza la necessità di passare dall’ “aiutiamoli a casa loro” al “formiamoli a casa nostra”, costruendo così le condizioni per progetti di cooperazione al rientro nei Paesi di origine.